lunedì 4 marzo 2013

Anne Geddes

Anne Geddes andava un sacco di moda alla fine degli anni '90, quando aprivo i jeans a sigaretta per cucirci un triangolo di stoffa fiorata per fare la zampa. L'ho rispolverata qualche mese fa, quando l'ho trovata sottoforma di puzzle nel negozio più sfizioso che conosco. L'ho portata a casa dei miei, l'ho sistemata sul tavolino da picnic e li si è fatta costruire. Tutti hanno partecipato a questa piccola impresa, fatta di ricerca, pazienza e compromessi. Il consulente di materassi ha messo una spina, la vicina chiacchierona un orecchio, l'amico dell'amico la cornice della cornice, la presbite un bigliettino scritto in piccolo. A volte Anne Geddes è stata abbandonata con un vaffa, dopo aver cercato la quadra di un cerchio. A volte si è mangiato più tardi, per non lasciarla sola. A volte era coperta dalla biancheria da stirare, o dai libri da leggere. A volte la doccia poteva aspettare. A volte le braccia si incrociavano e i piedi si pestavano. A volte c'eri solo tu e lei, e si riusciva a parlare con franchezza. E' stata ingombrante, non c'è dubbio. Come tutte le cose belle, che ti obbligano ad un percorso tortuoso e faticoso, ma a posteriori scopri che ne valeva la pena. Come l'Italia.     

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