martedì 28 agosto 2012

I miei sconosciuti

I miei sconosciuti purtroppo non li conosco, altrimenti li avrei chiamati con un altro nome, visto che nominare le cose è la cosa più intelligente e divertente che faccio. Mi viene in mente tale Fernanda, di cui custodisco con crescente imbarazzo la bolletta della luce finita nella mia buca delle lettere. Ho suonato tanti campanelli, tanti sconosciuti mi hanno aperto la porta e da quel momento li ho chiamati con un altro nome: 'il quarantenne in monopattino', 'quello che non mi saluta', 'la ricercatrice di calzini altrui'. Fernanda è rimasta una sconosciuta, e vorrei tanto sapere se ha i punti neri sul naso, o se le piace lo spritz, o se gira in monopattino pure lei. Un'altra sconosciuta mi regala pacchi di vestiti che non le piacciono più. Adora la lavanda, non sopporta i tessuti sintetici, è alta il doppio di me ed è vegan. L'ultimo non è effettivamente un dato empirico, ma ci sono arrivata con le congetture, che per quanto mi riguarda sono ugualmente affidabili. Un altro sconosciuto è quello che mi manda da quindici anni gli auguri di compleanno. Deve avermi scambiata per un'altra persona, perchè fa continui riferimenti ad interessantissimi discorsi che avremmo fatto insieme. Le mie dichiarazioni standard a quindici anni erano: 'Voglio un labrador', 'Che palle la versione', 'Che figo il figlio del gelataio', 'Davvero fa così male la ceretta?', 'Ci rivediamo il Titanic?', 'Mi trucchi?'. Ora che sono stata trafitta dal dono della sintesi, dico: 'Voglio', 'Che palle', 'Che figo', 'Davvero?', 'Ci rivediamo?', 'Mi trucchi?'.

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